Da Hpe a Reinova, Energica e Bonfiglioli: le aziende che puntano sulla mobilità elettrica

La crisi del motore endotermico, con Bosch e Marelli che da sole lasciano sul campo 1.250 posti di lavoro, è solo una faccia della medaglia dell’automotive. L’altra, meno visibile, è fatta di aziende che crescono e assumono. Puntando sullo sviluppo della mobilità elettrica. «Dalla mappatura che stiamo portando avanti della filiera della mobilità elettrica, emerge chiaramente che già tanta imprese occupano numerosi spazi della catena del valore anche con prodotti d’eccellenza sul mercato internazionale — dice Francesco Naso, segretario generale di Motus-E, associazione delle imprese del settore —. Quello che manca è da una parte un’azione di politica industriale che le metta a sistema e crei delle vere e proprie filiere complete e dall’altra parte degli obiettivi chiari a livello politico che individuino la direzione di decarbonizzazione che l’elettrificazione della mobilità determinerebbe».

 

Reinova nel collaudo delle batterie

Se la rivoluzione elettrica ha un territorio d’elezione, questo è l’Emilia Romagna della Motor Valley. Se non altro perché l’elettrificazione (almeno per ora) non è democratica e preferisce le supercar. A Soliera, in provincia di Modena è nata Reinova dalla scommessa di alcuni imprenditori del territorio (tra cui l’ex presidente di Federmeccanica Fabio Storchi) e di un manager, Giuseppe Corcione, che ha rinunciato a una carriera nell’austriaca Avl per scommettere sull’Italia. Reinova si occupa si sviluppo, validazione, collaudo di componenti per l’auto elettrica, a partire dalle batterie. Nata a metà 2021 in poco più di 4 mesi ha generato 4 milioni di euro di fatturato e punta a 12 milioni quest’anno. I dipendenti sono una quarantina e diventeranno 65 entro l’anno. «Elon Musk avrebbe potuto chiamarsi Luigi Rossi se il Paese avesse scommesso sul futuro invece di accontentarsi degli straordinari record del passato. Ora bisogna recuperare terreno», incita Corcione.

Silk Faw e la caccia agli ingegneri

Tra i clienti di Reinova ci sono i grandi gruppi, compresa Silk Faw, la società sino-americana che ha scommesso sulla motor Valley per creare la sua nuova hypercar. Oggi i dipendenti sono una settantina, diventeranno 300 entro il 2022 e poi 450 entro il 2023 per arrivare a 1.000-1.500 quando lo stabilimento entrerà in produzione. «Qui abbiamo trovato l’ecosistema giusto per sviluppare questo nuovo progetto perché la velocità di risposta del territorio non ha paragoni – dice Roberto Fedeli, vice presidente esecutivo Innovation & Technology di Silk Faw -. In questo momento l’unica vera difficoltà che abbiamo è trovare ingegneri a sufficienza che disegnino pacchi batterie, motori elettrici e scrivano software. Per accelerare i processi e l’innovazione stiamo finanziando 200 ricercatori in diverse università italiane, da Torino a Pisa».

Hpe e la progettazione dei nuovi motori

A scommettere sulla progettazione del Powertrain elettrico a Modena c’è Hpe, società fondata nel 2010 dall’ingegner Piero Ferrari. All’inizio erano 15 persone, adesso sono 300 di cui 250 ingegneri che progettano motori ad altissima prestazione per Ferrari, Maserati, Lamborghini, Aston Martin, Yamahaa, Arley Davidson. Fino all’altroieri si trattava solo motori endotermici. La grande scommessa è stata fatta nel 2020, in piena crisi Covid, con un investimento da un milione di euro su una quarta “cella” per la progettazione di motori elettrici. “Adesso su questa filiera lavorano 35 ingegneri. Per quattro clienti diversi stiamo sviluppando 8 tipologie di motore elettrico», racconta Andrea Bozzoli, ceo e socio di Hpe insieme con Piero Ferrari e Marco Bonometti.

Bonfiglioli nell’e-mobility

I grandi nomi che hanno fatto la storia dell’auto di lusso italiana fanno da traino al cambiamento ma la transizione all’elettrico è qualcosa di più ampio. Come mostra la Bonfiglioli di Calderare di Reno, in provincia di Bologna. Nel 2021 ha superato il miliardo di fatturato e ora punta sulla e-mobility. «Nati come azienda meccanica, abbiamo cominciato da una parte a produrre motori elettrici industriali, per le pale eoliche, per esempio. Dall’altra a fornire macchine movimento terra come betoniere e scavatori. Si tratta di macchine che tradizionalmente hanno un motore idraulico. Bene: ora abbiamo creato una nuova società, Ennowing, che si occupa della transizione all’elettrico in questo settore», racconta la ceo, Sonia Bonfiglioli. «Nell’ambito dell’elettrificazione della logistica il nostro Paese avrebbe grandi possibilità. E’ partito un processo che è solo agli inizi – continua Bonfiglioli -. Sarebbero però necessarie due cose. La prima è lavorare per la creazione delle competenze necessarie. Da subito: chi inizia ingegneria oggi termina la magistrale tra 5 anni. La seconda: l’Europa definirà gli standard europei dell’e-mobility e noi dobbiamo sederci a quel tavolo con un progetto italiano che al momento non esiste. Tra l’altro questo renderebbe il nostro territorio più competitivo nell’attirare investimenti di imprese straniere».

Dell’Orto, dai carburatori al powertrain elettrico

Tra le aziende meccaniche che accettano la sfida dell’elettrico – in questo caso per le due ruote - c’è la brianzola Dell’Orto. Nell’altro secolo produceva carburatori. “Dal 2018 abbiamo iniziato a sviluppare un powertrain elettrico per le moto. Oggi abbiamo un prodotto pronto, dall’inverter al motore elettrico, alle batterie. Con un range che va dai 3 ai 15 Kw, quindi dal monopattino al quadriciclo”, racconta Andrea Dell’Orto -. Le batterie per il momento le stiamo producendo in Cina ma non escludiamo in un futuro che questo tipo di produzione si possa sviluppare anche in Italia. Al momento stiamo lavorando per Fantic e Piaggio”.

Energica, la moto alto di gamma

Tra le prime aziende al mondo a sviluppare la moto elettrica c’è Energica guidata da Livia Cevolini, a Soliera, in provincia di Modena. «Quando siamo partiti nel 2010 eravamo in 3 – racconta -. Nel 2020 siamo diventati 50. Ora siamo un centinaio. Nel giro di un paio d’anni contiamo di raddoppiare». Energica produce moto elettriche alto di gamma. Per il momento si parla di alcune centinaia di pezzi. Con l’ingresso nel capitale lo scorso marzo del fondo Usa Ideanomics che ha investito 10 milioni di euro si prepara al salto. «La nostra azienda di famiglia produce componenti speciali su disegno per il motore endotermico, per la formula 1 e l’aerospaziale. Non si può pensare di fare il salto in un settore nuovo con una crescita organica, per gradi. A un certo punto servono capitali per sostenere gli investimenti. Le idee in Italia ci sono e gli imprenditori anche, quello che serve è una finanza in grado di supportare la crescita».

Da Intercable a Mta, Bitron e Alpitronic

In Lombardia, per la precisione a Codogno, da segnalare l’attività di Mta. Fondata nel 1954 dalla famiglia Falchetti. L’azienda ha sede in 10 Paesi e produce componenti elettrici ed elettronici destinati ai principali costruttori mondiali di autovetture, motocicli, camion, mezzi agricoli e movimento terra. Nel 2020 occupava 1.640 persone, oggi siamo a 1.715. Nel 2020 il fatturato era di 188 milioni, oggi è a quota 244. L’elenco potrebbe continuare ancora a lungo. Per esempio con l’altoatesina Alpitronic, produttrice di Hpc, high power charger. E poi Automobili Estrema che produce supercar elettriche con il marchio Fulminea, l’austriaca Avl Italia che aprirà a Cavriago, in provincia di Reggio Emilia, un nuovo stabilimento dedicato ai test sulle batterie delle auto elettriche. La torinese Bitron che lavora con i sistemi di ricarica elettrica dal 2013 e poi la Intercable di Brunico.

Gigafactory: primi passi Qualcosa si muove anche al Sud.

A Teverola in Provincia di Caserta Seri industrial sta realizzando accumulatori al litio, celle per batterie per lo storage di energia domestico e industriale e nel trasporto pubblico. In 120 lavorano già nello stabilimento in provincia di Caserta ma secondo il piano industriale diventeranno 800 entro il 2024, quando sarà operativo un secondo stabilimento. Oggi Seri produce 350 megawatt ma l’obiettivo è di arrivare a 8 gigawatt. Nel campo delle batterie da segnalare il progetto di Italvolt a Scarmagno, vicino a Ivrea, nel sito ex Olivetti. “In base alle nostre stime, dovremmo generare occupazione per circa 3 mila persone, una volta che la gigafactory avrà raggiunto la piena capacità produttiva”, dice il ceo, lo svedese Lars Carlstrom. “Puntiamo a iniziare la produzione a fine 2024 con la prima linea con una capacità produttiva di 6GwH”. Cruciale in questo caso sarà la capacità di raccogliere i capitali per 3,4 miliardi euro.

 

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